Lunedì, 03 Dicembre 2012 14:30

Maria e Gesù o Gesù e Maria?

Scritto da  Gerardo

Da Domenico Pizzuti riceviamo, e volentieri diffondiamo, una nota sul culto mariano napoletano e meridionale, con qualche considerazione di carattere antropologico non esaustiva.





Maria e Gesù o Gesù e Maria?
di Domenico Pizzuti s.j.

A una mia osservazione ad un collega sociologo che nell’immaginario sociale religioso e nel culto di certi strati di fedeli Gesù Cristo rischia di essere un “fantasma”, o più precisamente di avere una posizione secondaria rispetto ad un sovrabbondante culto mariano, egli mi faceva presente che da un punto di vista antropologico la figura di Cristo era stata resa più vicina in tempi recenti se non altro dalla devozione al Sacro Cuore e dal Cristo crocifisso. Si potrebbe aggiungere dal presepe francescano ed anche secondo il Concilio Vaticano II dal/la “povero/a Cristo”. La mia osservazione derivava da talora prevalenti canti mariani nelle celebrazioni festive o quotidiane delle Messe anche dopo la santa comunione. Al di là di ogni altra considerazione si tratta se non altro di coerenza liturgica nella celebrazione della Pasqua della Nuova Alleanza alla Mensa del Signore.

Il fenomeno certo è rilevabile soprattutto nell’area napoletana con i significati antropologici attribuiti alla “mamma” e dalla prevalenza di donne nelle celebrazioni religiose. Al di là di proiezioni consapevoli o meno sulla figura di Maria Madre (Madre di Dio certo secondo la definizione cristiana), un’ apertura originale si può trovare in uno scritto dello storico napoletano Giuseppe Galasso secondo il quale il culto mariano così diffuso a Napoli e nel Mezzogiorno servirebbe ad “addolcire” il severo culto al Crocifisso. Ad una mia domanda come dovevo comportarmi rispetto a tale fenomeno, un mio confratello teologo un po’ di anni fa mi diceva di seguire la liturgia con le sue feste e memorie mariane. E così sia!

In questo ambito non sono aliene, anche da un punto di vista sociologico, le “pratiche! prodotte e riprodotte nel campo religioso da clero e strati di fedeli in una sorta di complicità di visioni ed interessi religiosi, che solo altre “pratiche” animate da più precise e liberanti credenze religiose possono rianimare. A mio avviso mi ripugna quasi far riferimento a subculture (non in termine sociologico) religiose popolari, ai quali la “religione” sovviene con credenze e pratiche protettive che “addolciscono” l’esistenza e aprono alla speranza.

Rimane un ultimo aspetto non facile che accenno soltanto, e cioè il contributo della devozione mariana alla promozione e liberazione della condizione femminile specialmente negli strati popolari. E’ in gioco il riconoscimento della dignità della donna nella vita sociale e religiosa. Per cogliere una contraddizione che riguarda solo non solo gli intellettuali religiosi, non molti anni orsono in occasione della via Crucis sulla piazza di Scampia ora intitolata a Giovanni Paolo II, mentre si discuteva chi dovesse portare la croce che apriva il corteo, si udì una voce «Le donne non possono portare la croce» Sic! Con una pubblica rimostranza per questa misoginia clericale abbandonai la piazza perché questa esclusione era un’ offesa alla stessa Madre di Cristo sotto la croce del Figlio.

Mi piace in conclusione far riferimento alle madri con colorati zainetti in spalle che ogni mattina mentre vado a Messa vedo accompagnare i figli a scuola, comprese le donne che scendono dal campo nomadi, ed ai passeggini con i bimbi che mi sorridono. Continua la fila dell’Umanità…

SANCTA MARIA MATER DEI, ORA PRO NOBIS…

P.S. Dimenticavo che più di trent’anni fa con P. Giannoni tematizzammo “Fede popolare”, Marietti, Torino 1979, a cui si rimanda perché nessuno è possessore di Fede doc.

Napoli, 30 novembre 2012

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